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domenica 2 gennaio 2011

Le ragioni di una giustizia che non funziona.

Cari amici di Rossoarancio.net,

un nostro caro amico è stato recentemente condannato per “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.

Chi è?

Michele Astuto (figlio del noto fotografo, Sebastiano)...o almeno cosi leggiamo in un articolo apparso su internet. Per leggere l'articolo clicca qui.

Il fatto e il diritto.

Non indugiamo sui fatti perchè non li conosciamo e quindi ci atteniamo solo a quanto riportato sull'articolo in questione.

Per quanto riguarda il diritto richiamiamo gli artt. 392 e 393 del codice penale.

Art. 392 c.p.

Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito a querela della persona, con la multa fino a euro 516. Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione. Si ha altresì violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico

Art. 393 c.p.

Chiunque, al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell'offeso, con la reclusione fino a un anno.

Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a duecentosei euro.

La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi.

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Il reato in esame è inserito nel titolo III del libro II del codice penale, fra quelle fattispecie criminose che costituiscono ostacolo o minaccia al normale svolgimento dell’attività giudiziaria. Fra esse, in particolare, gli artt. 392 – 393 , sono rivolti “a tutelare l’interesse dello Stato, ad impedire che la privata violenza si sostituisca all’esercizio della funzione giurisdizionale in occasione dell’insorgere di una controversia tra privati”.

Perché si possa configurare il reato, occorre che sussistano le due condizioni previste dalla norma: deve esistere un “preteso diritto”, ossia la consapevolezza da parte dell’agente di tutelare un proprio diritto giuridicamente rilevante e la tutelabilità del medesimo da parte dell’autorità giudiziaria.

La domanda sorge spontanea...

A fronte di un “Sistema” (ci riferiamo allo STATO globalmente inteso quale “sistema” dato dall'insieme dell'autorità giudiziaria, delle forze dell'ordine, della polizia locale, degli organi amministrativi, del potere politico ecc.ecc.) che non garantisce giustizia, perchè non dovrebbe essere “tollerate” le espressioni più semplici (ed evidenti) di “autogiustizia?

La risposta.

Ovviamente questo non è possibile perchè ognuno intende e interpreta la “giustizia” a modo proprio e solo un'autorità “terza” può (o dovrebbe) essere equa.

Nel caso in questione, pur rispettando e comprendendo le ragioni della sentenza, Rossoarancio.net vuole esprimere la sua vicinanza all'amico Astuto anche perchè il codice penale troppo spesso presuppone un“Sistema” efficiente che in realtà non esiste.

Senza andare lontano con la fantasia, basti pensare ai tanti esempi locali: quante volte ci si è rivolti alle autorità per problemi che rimangono insoluti?! Ciò naturalmente non legittima soluzioni antigiuridiche; al contrario ci dovrebbe ricordare che non siamo solo “singoli” ma siamo parte di una collettività in cui abbiamo il dovere (anche per nostra convenienza) di partecipare e pretendere che sia più efficiente e giusta.



2 commenti:

  1. La giustizia astratta che intendiamo nn è d qsto mondo, ma la giustizia della legge è solo l'equità di trattamento....

    io direi che il problema sarebbe risolvibile con un po di partecipazione collettiva

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  2. La giustizia non può essere "solo" equità di trattamento..cioè una "ingiustizia" applicata a tutti, rimane sempre una ingiustizia.
    Concordiamo sulla necessità di più partecipazione collettiva ma occorre anche maggiore impegno del "singolo".

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